Legge 328/00 da Vent’anni presente nel territorio In Sicilia i Distretti Socio Sanitari ne sanno ancora poco

Legge 328/00 da Vent’anni presente nel territorio

In Sicilia i Distretti Socio Sanitari ne sanno ancora poco

Qual è lo stato dell’arte del sistema degli interventi e dei servizi sociali in Sicilia? la domanda si impone in considerazione del fatto che la legge quadro chiamata a disciplinare il settore (l’ormai famosa legge 328/00) ha compiuto vent’anni ma nella nostra Regione, diversamente da quanto avvenuto nel resto d’Italia, al posto dello strumento legislativo si preferisce continuare ad emanare Linee Guida.

Il problema è questo: dei 55 Distretti Socio-sanitari siciliani, sarà difficile trovarne due che interpretino le medesime Linee Guida allo stesso modo. Lo si è visto con la L.112/2006 (la Legge sul “Dopo di noi”, chiamata a tutelare le persone con disabilità prive di adeguato sostegno familiare), per cui ogni Distretto ha interpretato in modo diverso le Linee Guida regionali chiamate a disciplinare quali progetti tra quelli proposti fossero finanziabili e quali no.

Un esempio “virtuoso”, a nostro avviso, è dato Dal Distretto Socio-Sanitario con Ragusa capofila in cui la Presidenza viene assegnata ad ogni Piano di Zona a turnazione tra i vari Comuni che lo compongono.

A nostro avviso però questa non è l’unica criticità: l’impressione è che la tanto auspicata integrazione tra sociale e sanitario che si sarebbe dovuta realizzare con la Legge 328/00  sia, nei fatti, fallita. L’assessorato alla Sanità non può non interfacciarsi con quello alla Famiglia, altrimenti uno sbilanciamento tra le due componenti è inevitabile. Lo abbiamo visto durante l’emergenza Covid dalle disposizioni sulla riapertura dei centri: le realtà del terzo settore in Sicilia sono molto variegate, e non tutte sono ricomprese nelle previsioni del governo regionale (pensiamo ad esempio ai tanti centri finanziati con fondi della Legge 328/00 ma non iscritti all’albo dei centri diurni legge 22/86 articolo 26).

Stante la situazione attuale, facciamo un appello all’amministrazione comunale: istituire, a norma dell’art.27 della Legge 22/86, un albo dei privati che gestiscono strutture diurne o residenziali all’infuori di convenzioni con enti locali, come già fatto a Ragusa ma che, come strumento, non ha ancora adottato nessuno dei Comuni del nostro Distretto. L’iscrizione a questo albo ci permetterebbe di uscire da questa zona grigia in cui attualmente si trova non solo l’Anffas Onlus di Modica ma anche tante altre realtà del Terzo Settore che ancora oggi si chiedono se e quando potranno riaprire.