UN SOCIALE DA CAMBIARE

UN SOCIALE DA CAMBIARE

UNIRE ASSESSORATO ALLA SANITA’ ALLE POLITICHE SOCIALE PER SUPERARE LE CRITICITA’

Ancora pochi giorni e i Siciliani torneranno alle urne per eleggere i candidati che dovranno rappresentarli per i prossimi cinque anni.

Sono molte le criticità con cui la politica è chiamata a confrontarsi, ma come Anffas ci preme che i candidati prendano posizione su determinate questioni, ormai cruciali, che non possono più attendere. Il sociale ha bisogno di cambiamenti che siano decisi e radicali, stabiliti di concerto con le associazioni di categoria e con le cooperative maggiormente rappresentative.

Innanzitutto riteniamo necessario un superamento della Legge 22/86 che prevede standard strutturali ed organizzativi dei servizi socio assistenziali ormai obsoleti.

Nel 2022 è anacronistico prevedere, giusto a titolo di esempio, che tra gli standard sia prevista una stanza per la pedicure e la manicure e un’altra sala parrucchiere, o che per potersi accreditare un centro diurno debba avere un metraggio di minimo 300 mq.

Non che non debbano esserci dei requisiti minimi, sia chiaro, ma il centro diurno non deve essere concepito come luogo “chiuso” in cui trascorrere la maggior parte del proprio tempo bensì come spazio “aperto” in cui vengano programmate una serie di attività da svolgersi prevalentemente al di fuori, come parte attiva ed insieme alla comunità.

Sarebbe auspicabile che si rimettesse mano alla materia in maniera organica e completa, anche in considerazione degli interventi legislativi che ci sono stati a livello nazionale e di un nuovo concetto di inclusione.

Inoltre, è da circa vent’anni che tra gli addetti ai lavori si sente parlare di integrazione socio-sanitaria, per far fronte a bisogni che sono molto spesso complessi e multi articolati e che, per l’appunto, richiedono interventi integrati sia dal punto di vista sociale che sanitario.  Se ne parla ad esempio nella Legge 328, laddove i due settori devono elaborare di concerto un progetto di vita per la persona con disabilità. Quello che però abbiamo riscontrato nella pratica associativa è che affinché sociale e sanitario si parlino spesso occorre ricorrere dinanzi al TAR. Perché, allora, non accorpare i due Assessorati in uno solo? È già così in molte regioni come, ad esempio, la Calabria o la Lombardia (dove c’è l’Assessorato al welfare), con cui sotto la precedente Giunta sono stati stipulati diversi protocolli e di cui potremmo importare anche gli esempi virtuosi.

Infine una proposta: in molte Regioni è previsto che APS, ETS, ODV siano esentate dal pagamento del bollo auto; anche in Sicilia è stata applicata quest’esenzione ma per un solo anno e per le sole ODV. Perché non provare ad estenderla a tutti gli enti del terzo settore che abbiano un mezzo intestato?

Siamo consapevoli che riforme di questa portata non possono essere realizzate in un anno, ma sarebbe veramente importante che nella prossima legislatura si gettassero i semi per una riforma del sociale che in questi anni è cambiato e non può essere ancora normato con strumenti di venti o trent’anni fa ma che si deve rapportare a nuove sfide, prime fra tutte quelle sul “Dopo di Noi” e sulla riforma del Terzo Settore.